Pensando a Brexit e all’Europa Unita.

Mentre il fracasso su Brexit continua imperturbato, mi rendo conto che stiamo guardando alla questione dal lato sbagliato. Le ultime due crisi dell’Unione Europea – di natura finanziaria nel 2010-2011 e umanitaria oggi – hanno avuto lo stesso effetto: quando gli eventi impattano direttamente ed in modo differente i cittadini l’armonia si spappola. E questo è logico se in effetti non ci sentiamo tutti dei veri europei ma preferiamo lo statu quo dei nostri confini statali. Sono certo che anche le crisi future saranno destabilizzanti nello stesso modo e quindi la soluzione non è di adeguarsi al gioco ed aspettare che il tempo faccia il resto.

Ho passato due periodi in America. Il primo, dal 1955 al 1960, quando mio padre si trasferì a New York presso la rappresentanza italiana alle Nazioni Unite e ci portò tutti con lui; arrivai quando avevo un anno. Il secondo, dal 1973 al 2000, quando fui io a trasferirmi per completare i miei studi universitari ma poi restai perché trovai buone opportunità di lavoro ed ero contento.

Mi ricordo benissimo le sensazioni che provai quando ritornai per la seconda volta: era come ritrovare la mia vecchia dimora. Le memorie del primo soggiorno erano, con poche eccezioni, molto deboli e poco chiare. Tuttavia intuii subito che il 747 dell’Alitalia mi aveva riportato al campo base. Sensazioni di dejà vu, di vecchie impressioni sonore e perfino ricordi lontani di odori della città si accumularono nella mia mente, ed il mio entusiasmo per il paese non è mai più diminuito: tutt’oggi, confesso, mi sento più americano che italiano.

Mi rendo conto, a distanza di decadi, che la mia affinità con gli Stati Uniti non nacque come un esercizio intellettuale ben organizzato, né posso dire che la mia permanenza fu il risultato di una vera e propria decisione. Forse il fatto che la nostra famiglia non ebbe mai, fino agli ultimi anni di vita dei miei genitori, una dimora fissa ha contribuito alla mia predisposizione. È anche per questo che riflettendoci mi son convinto che furono quei primi cinque anni a decidere dove mi sarei sentito a mio agio e questo è tutto.

Data la loro complessità costituzionale, gli Stati Uniti potrebbero darci un’idea di come costruire un Europa federale. Ancora oggi ho difficoltà a capire l’accento del sud-est in America, per non parlare di alcuni “dialetti” del Texas. Regimi fiscali differenti impattano regolarmente migrazioni di lavoratori ed investitori. Leggi locali (fino al dettaglio delle multe per l’alta velocità) formano un arcobaleno d’infiniti livelli di severità. Le vecchie animosità tra sudisti e nordisti sono sempre latenti, le svariate opinioni sulle morali sessuali si evolvono, il diritto alla vita rimane in discussione quasi permanentemente e l’entusiasmo per l’immigrazione ritiene il suo andamento ciclico. Ma alla fine siamo tutti cittadini USA: stessa moneta, stesso governo e stesso spirito patriottico.

Brexit, Grexit, o Itaexit, il nocciolo della questione è sempre quello: o ci sentiamo a casa in una Nazione Europea o tutti gli sforzi per questo round di emozioni e attivismo politico saranno in vano.

-Fonti fotografiche-
Copertina: L’autore a circa 7-8 anni.