Versione italiana del mio post di lunedì, in collaborazione con la redazione de ilpost.it.

Durante un talk show trasmesso regolarmente da un’emittente radiofonica svizzera del Canton Ticino, il conduttore invita gli ascoltatori che telefonano al programma a raccontare in quale epoca storica avrebbero voluto vivere. Una giovane donna dice che le sarebbe piaciuto vivere nel Medioevo, per via della moda del tempo e dell’ideale cavalleresco. Chiamatemi poco romantico, ma personalmente la mancanza di un sistema idraulico all’interno delle case e le costanti preoccupazioni per la sicurezza personale in tempo di pace (i soldati disoccupati che si davano al saccheggio non riposavano mai) – tra le altre cose – mi creerebbero delle inquietudini. A ogni modo, il presupposto notevole da cui quell’ascoltatrice partiva (in modo consapevole o meno) era evidentemente di nascere al vertice della società medievale, perché altrimenti di cavalleria e bei vestiti ne avrebbe visti pochi.

Dopo l’importante voto su Brexit, i commenti da entrambi gli schieramenti – sia quelli a favore del Leave sia quelli per il Remain – sembrano implicare allo stesso modo presupposti nascosti, come succede anche con la maggior parte delle analisi “informate” da parte di giornalisti e osservatori che dovrebbero saperla più lunga, ma sono troppo concentrati sui politici locali e le loro precedenti decisioni. Governare l’Unione Europea con una moneta unica e governi multipli è un progetto destinato a fallire, lo abbiamo detto spesso in molti. Perché quindi adesso uscirne deve per forza essere una una cosa negativa per il Regno Unito? La scienza economica del commercio non lo dice in modo inequivocabile, e la superiore capacità di ottenere favorevoli accordi commerciali che viene attribuita a un blocco come la UE è efficace nella misura dello stato più debole del blocco. Già, ma la reazione dei mercati non dimostra che è una cosa negativa per il mondo? Forse, ma i mercati sono già troppo sopravvalutati, e in questa situazione qualsiasi forma di incertezza, unita alle previsioni di una vittoria del Remain, era destinata a creare degli scossoni. La decisione danneggia il futuro delle generazioni più giovani a vantaggio di quelle più vecchie? Viste le risposte alle due domande precedenti, forse no. I giovani volevano rimanere nell’Unione Europea, ma è giusto sottolineare che nessuno di loro è nato da abbastanza tempo per aver vissuto una situazione differente, e se davvero vogliono un’Europa Unita hanno i numeri e il tempo dalla loro parte.

Un’amica mi ha suggerito un’idea in questi giorni frequente, a cena. Mi ha chiesto se sia corretto o ragionevole aspettarsi che intere popolazioni siano invitate a un referendum su questioni estremamente complesse. Non è per questo – tra le altre cose – che eleggiamo dei politici? Non pretendo di sapere la risposta. Credo dipenda dal paese e dalla sua evoluzione storica. Se devo azzardare un parere, forse da parte di Cameron proporre il referendum prima della sua ultima elezione è stata un scommessa politica incosciente. D’altra parte, però, gli svizzeri votano in referendum da tempo senza problemi.

Parlando a una conferenza a Berlino prima del referendum, il ministro delle Finanze tedesco Schäuble aveva detto che «l’Europa non è in forma». Schäuble sperava che il Regno Unito votasse per rimanere nell’Unione Europea, ma aveva anche detto che qualunque fosse stato il risultato «non potremo andare avanti come abbiamo fatto finora, altrimenti ci diranno che ‘non abbiamo capito’». È tempo di affrontare la questione seriamente.

Per la cronaca, io avrei votato per rimanere.