Botta e risposta
Alcune notizie che sembrano connesse e un like per Trump – davvero.
L’Irlanda, da tempo, beneficia di un modello economico imperniato sulla facilitazione fiscale alle imprese che si stabiliscono entro i suoi confini. Le imprese, logicamente, arrivano puntuali. Passa qualche decennio, qualcuno si rompe le balle (perché non ce la fa a competere con gli irlandesi) e decide di schiaffare una grossa multa retroattiva ad una società (ovviamente americana) che ha semplicemente seguito le regole. Come ci ricorda il mio amico Roberto Frigo in un bel commento, la metodologia usata da questi geni della politica è piuttosto curiosa e schizofrenica, quasi come se, aggiungo io, l’Eurozona avesse un perenne complesso d’inferiorità rispetto alle società o alle industrie competitive al livello globale (automobili, aviazione, tecnologia, whatever). Comunque questo tipo di comportamento può avere delle conseguenze inattese: pochi giorni dopo l’affare Apple, la Deutsche Bank viene presa a schiaffi dalle autorità americane con una multa quasi identica in valore, e probabilmente più meritata. Risultato netto: gli europei hanno scambiato il 7% della liquidità di Apple per la sicurezza di tutto il sistema bancario. La lezione è chiara: [1] metti casa tua in ordine prima di fare il duro; [2] trova un altro modo di gestire le diatribe interne; e [3] se proprio vuoi spararti sui piedi, assicurati di usare una pallottola di gomma morbida e non una palla di cannone. (A scanso di equivoci: io sto con gli irlandesi.)
Il sistema giuridico americano è notoriamente aggressivo e poco prevedibile, perché uno dei suoi principii fondamentali è quello di dare accesso ai migliori servizi di assistenza legale anche a chi non ne ha i mezzi, spingendo così gli avvocati a usare un sistema di rimunerazione basato quasi esclusivamente sul successo della causa. Una conseguenza (forse voluta, forse no; difficile a dirsi) è quella di creare una marea di casi frivoli che alla fine sono risolti con il pagamento di milioni di dollari (un esempio qui). Nel contesto, la nuova legge che consente alle famiglie delle vittime degli attentati terroristici dell’11 settembre di far causa all’Arabia Saudita rischia di mettere in ballo molto di più del sistema giudiziario americano. Con questo non voglio certo paragonare la sbadataggine della signora settantanovenne dell’esempio con la tragedia di quindici anni fa. Piuttosto mi domando se la questione non sia gestibile più efficacemente con confronti diretti fra governi e non tramite sistemi giuridici nazionali, tantomeno uno manipolato da avvocati venali. Intanto a mio avviso non è un caso che nel giro di qualche giorno i sauditi abbiano deciso di stabilizzare il prezzo del petrolio a un livello più alto e ricordarci così che tutto sommato poco è cambiato dal 1973. Anche qui la lezione è chiara: [1], [2], e [3].
Infine, incredibile ma vero: Trump è riuscito a dire qualcosa di sensato. Partendo da un concetto discutibile (che la Federal Reserve sia guidata da motivazioni politiche nelle sue decisioni) spara una conclusione molto più realistica (che viviamo in un’era di bolle speculative). Chi non ha capito che gli ultimi 16 anni rappresentano un ciclo unico dominato dalla Cina e dalla politica monetaria degli USA è destinato a soffrirne le conseguenze.
-Photo Sources-
Cover: http://www.noidelplatani.it/occhio-per-occhio/
Grazie per il suo punto di vista, molto interessante.
Tuttavia, fatico a comprendere due cose: [1] che tutto sommato poco è cambiato dal 1973; [2] il ciclo degli ultimi 16 anni e i sui dominatori. Soprattutto quest’ultimo punto mi crea un po’ d’ansia, per via della sofferenza prevista per chi non l’ha capito (cioè io).
[1] nel senso che siamo nuovamente alle prese, come nel 1973, con l’essere sotto scacco per la possibilità di dover pagare molto di più il petrolio; in questo contesto e’ vero che oggi saranno l’Europa e l’Asia a soffrirne relativamente di più le conseguenze (visto il successo del fracking negli USA).
[2] nel senso che la crescita globale (ed in particolare della domanda delle materie prime, che ha beneficiato molti paesi) e’ stata relativamente sostenuta molto di più dalla Cina che non dal resto del mondo; e la politica monetaria statunitense (che ha dominato in certi momenti critici il comportamento dei mercati azionari e obbligazionari) ha teso ad evitare, con o senza successo non credo lo sappiamo ancora, l’inevitabile ristrutturazione degli eccessi economici come successe per esempio nel 1929-37.
Grazie per il commento.
[1] messo così genera un sacco di domande: il controllo del mercato petrolifero è ancora come nel 1973, oppure la fine dell’embargo all’Iran, il contrasto tra Sunniti e Sciiti, la presenza di produttori non OPEC significativi (Russia, le repubbliche ex sovietiche, forse anche il Mare del Nord e probabilmente altri che ignoro) hanno fiaccato la forza del cartello nel quale ora l’Arabia Saudita è l’azionista di riferimento? Non è che il potere dei sauditi sia fortissimo quando si tratta di spingere i prezzi in basso visti i bassi costi e gli alti volumi della loro produzione, ma diminuisce in proporzione all’incremento dei prezzi perché aumentano i produttori, e quindi c’è una soglia di prezzo al di là della quale non si possono spingere per non danneggiare se stessi? La produzione di energia da fonti non fossili è ancora troppo marginale per influenzare il mercato (anche ipotizzando che un prezzo del petrolio significativamente più alto di quello attuale spinga nuovi investimenti in questo settore)? È vero che il mondo industrializzato usa l’energia in modo più efficiente rispetto al 1973?
[2] chiarissimo ora.
Non le chiedo una risposta a [1], era solo un pensiero. Grazie ancora per i suoi.
Grazie e scusi il ritardo nel rispondere. E’ vero che i dettagli e le analisi marginali sono diversi, ma il punto – che ovviamente non sono riuscito ad esprimere meglio – era che in fondo siamo sempre al punto dove una divergenza di vedute con i sauditi si risolve sempre con la stessa risposta.