Una parola cosi’ chiara che viene spesso abusata.

La settimana scorsa ho cenato con un amico al ristorante Agua Lugano. Pagando il conto, lui mi chiede “ma l’hai controllato?”, “non proprio, solo a occhio”, “fammi vedere.” Avevamo condiviso un primo piatto, ma sul conto troviamo che era stato sdoppiato in “mezze porzioni” il cui totale era quasi il doppio della porzione singola. Il nostro cameriere non ci aveva detto nulla di questa prodezza matematica.

Se quest’esempio non irrita il lettore (“dovevi chiedere al momento dell’ordinazione, deficiente!”), ecco un altro esempio. Sempre la settimana scorsa mi contattano da ilPost (ilpost.it, dove il nostro blog appare regolarmente) chiedendomi cosa ne pensassi di un nuovo portale di una società di gestione patrimoniale. Vado a guardare, noto subito i costi piuttosto alti, e poi leggo con più attenzione la parte che riguarda le commissioni di performance. Ecco cosa ci dice il sito:

Le commissioni di performance sono applicate se e solo se la gestione ha creato un valore aggiunto all’investimento rispetto a quello già ottenuto in passato.

Per i fondi che si paragonano ad un benchmark, la commissione di performance è pari allo 0,15 della differenza di rendimento tra fondo e benchmark. 

Per i fondi che non prevedono benchmark, la commissione di performance è pari allo 0,2 del valore aggiunto dalla gestione rispetto al valore massimo del fondo raggiunto in passato. 

Sembrerebbe tutto chiaro, ben descritto, con cifre e parole rassicuranti. Tuttavia, come nel caso del ristorante, il menu del gestore omette o non chiarifica almeno tre cose che hanno una conseguenza sul prezzo:

– per i fondi senza benchmark la commissione si calcola con riferimento “al valore massimo del fondo raggiunto in passato,“ ma per i fondi con benchmark nessun riferimento del genere è presente. (Fra l’altro, commissioni di performance senza un benchmark non hanno senso: in un mercato fortemente rialzista anche i più idioti fanno soldi.)

– su che periodo temporale si applica il calcolo della performance in questione? Mese, trimestre, quadrimestre, anno? La differenza potrebbe essere enorme; per esempio, diciamo che il periodo è un quadrimestre e che i gestori riportano questi risultati rispetto al benchmark: +15% per i mesi gennaio-aprile, -20% per maggio-agosto, e infine +5% per settembre-dicembre (ho esagerato un po’ per semplificare i calcoli). Concatenando i rendimenti, in un anno l’investitore ha perso il 3,4%, ma una commissione di performance è stata pagata già all’inizio di maggio.

– perché parlare di 0,15 e 0,20 invece che di 15% e 20%? Perché così la maggior parte dei potenziali investitori sorvoleranno su cifre apparentemente microscopiche. (Questa, per me, è bellissima.)

Alla faccia della trasparenza, e di Mifid II.

Francamente, le commissioni di performance sono sempre state l’archetipo dell’anti-trasparenza. Chi ce le vuol far pagare ci rassicura dicendo che allineano gli interessi dell’investitore con quelli del gestore. Ma se ci pensate bene sono un gioco di testa o croce dove se esce testa vince il gestore e se esce croce perde l’investitore.

Roberto Plaja, 24 marzo 2019

Cover: https://www.netstrategy.it/inbound-marketing/perch%C3%A9-devi-pretendere-trasparenza-dalla-tua-agenzia-di-inbound-marketing