Automazione
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Amazon ha
annunciato l’automazione delle fasi del confezionamento del pacco per la
spedizione e il conseguente prossimo licenziamento di 1.300 lavoratori tra i
diversi stabilimenti negli Stati Uniti. Immagino che presto sarà introdotta
anche in Italia.
Mi aspetto anche che in un prossimo futuro Amazon automatizzerà anche la
movimentazione dei pacchi.
Poi incombono su tutti noi come una minaccia extraterrestre le applicazioni
dell’AI, dell’intelligenza artificiale.
Al momento le soluzioni proposte per difendere il lavoro che sparisce sono un
poco zoppicanti.
Il Movimento Cinque Stelle, che a mio avviso è il più attento all’evoluzione
del mondo del lavoro, propone “il reddito di cittadinanza”. Non
difendiamo il lavoro, ma il reddito. Se il lavoro viene automatizzato, allora
tassiamo il lavoro automatico e con quei ricavi “manteniamo” una
parte della popolazione a non far niente.
Il sindacato invece ripropone la formula “lavorare meno lavorare
tutti”. Serve una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario.
Ma il mondo del lavoro non è univoco. A fronte di settori che si automatizzano,
altri si espandono nei servizi alla persona. Servizi ad alta intensità di
lavoro e bassissima automazione. Sanità, istruzione, tempo libero,
ristorazione, manutenzioni, costruzioni, valorizzazione di prodotti di nicchia
dalle caratteristiche di alta qualità e bassa produttività.
Il settore dei servizi occupa ben sedici milioni di lavoratori contro solo
quattro e mezzo nell’industria, poi solo un milione e mezzo è nelle costruzioni
e meno di un milione è nell’agricoltura.
Se pago uno per stare a casa, allora cosa dico a quelli che continuano a
lavorare nella scuola, nella sanità, a guidare treni o autobus, a badare i
nostri vecchi, a preoccuparsi dell’ordine pubblico, a coltivare i campi o a
servirci al ristorante? Fessi voi che lavorate invece di starvene a casa in
panciolle?
Poi se riduco il tempo di lavoro perché c’è l’automazione, allora dovrò essere
preparato a pagare di più tutti i lavori non automatizzabili. Costerà di più un
pasto al ristorante, un caffè al bar, una corsa del taxi, riparare un tubo che
perde, cambiare l’olio alla macchina, otturare una carie, farsi fare un
massaggio. Costerà di più istruirsi e curarsi.
Il risultato finale potrebbe essere controproducente. Invece di lavorare meno
per lavorare tutti la riduzione dell’orario di lavoro (in questa società dei
servizi) potrebbe bruciare moltissimi posti di lavoro.
Oppure l’orario lo riduciamo solo a chi lavora nei settori automatizzabili? Ma
se una fabbrica è altamente automatizzata la riduzione di orario interesserà
pochissimi lavoratori senza incidere sui livelli occupazionali complessivi.
Infine l’idea della tassazione dei robot potrebbe portare alla totale delocalizzazione
delle fabbriche. Così a casa in panciolle ci staremo tutti e senza i soldi del
reddito di cittadinanza.
Per questi motivi ho definito zoppicanti queste soluzioni.
E allora, cosa occorre fare?
Se da piccoli non vi hanno vaccinato contro il pessimismo, la prima cosa da
fare è un’iniezione di ottimismo. L’automazione non è una novità. In
agricoltura il trattore fu una rivoluzione. Ottant’anni fa la stragrande
maggioranza dei lavoratori era in agricoltura. Lavorare molto, pagati poco,
c’erano le carestie e morivi presto. Quarant’anni fa arrivarono i robot in
fabbrica. Lavoravi molto, eri pagato poco, e anche la catena di montaggio ti
faceva morire presto. Le automobili erano costose e pericolose. Oggi abbiamo
abbondanza di cibo e grazie all’automazione abbiamo molti prodotti di qualità a
basso prezzo. Ve lo immaginate un telefonino senza automazione? Costerebbe una
follia e nessuno potrebbe permetterserlo.
E comunque nonostante i trattori e i robot oggi il livello di occupazione
totale è superiore al periodo pre automazione. Il nostro problema principale
non è l’automazione ma la concorrenza (sleale) della Cina e di altri paesi
dell’area UE.
Se vi siete fatti un’iniezione di ottimismo, allora ora dovete fare anche una
cura ricostituente di strumenti di governo dei processi.
Garantire un reddito a chi ha perso il lavoro. Garantire una formazione
integrativa per adeguarsi al lavoro che cambia. Garantire un nuovo inserimento
lavorativo attraverso informazioni, facilitazioni, contributi, formazione.
Serve un nuovo Stato Sociale. Peccato che siamo ancora troppo concentrati su
sanità e pensioni e troppo poco su formazione e protezione dai cambiamenti.
Anche qui il Movimento Cinque Stelle è più avanti di altri nell’analisi del
mondo che cambia e nelle soluzioni possibili. Peccato che poi siano dei
pasticcioni e degli inconcludenti.
Ora che vi siete fatti un’iniezione di ottimismo e una cura ricostituente di
strumenti di governo del cambiamento, dovete masticare qualche pastiglia di
liberismo.
Per esempio ci servono le Banche. Senza il credito alle imprese, a chi propone
cose nuove, a chi investe, senza le Banche non andiamo da nessuna parte e non
ci saranno lavori nuovi sostitutivi dei lavori automatizzati.
E qui il Movimento Cinque Stelle è il più indietro di tutti. Per loro le Banche
sono il demonio, il male assoluto. Loro non sono liberisti per nulla, sono
statalisti. Mi ricordano il Partito Comunista degli anni cinquanta.
Ecco allora la pozione magica contro le paure del mondo che cambia. Una buona
dose di Stato Sociale che ti protegga dai cambiamenti, ti aiuti a mantenere una
visione positiva del futuro, uno Stato Sociale che ti dia sicurezza e una buona
dose di liberismo che aiuti le imprese a nascere, a crescere, a creare nuovi
prodotti e nuova occupazione.
La sinistra riformista non è morta, ha solo bisogno di rinnovarsi.
Ciao a tutti.
Roberto
Roberto Toninello, 11 giugno 2019
Cover: Charles Sheeler, American Landscape, 1930, https://www.moma.org/collection/works/79032